Questo romanzo, ambientato nella Sicilia del 1934, dà contezza del fatto che chiunque può meritarsi la propria felicità a prescindere da quanti sbagli possa aver commesso nella vita, a condizione di conoscere un bravo sensale di matrimoni.
Inutile provare a spiegare ai paesani riuniti al circolo che a Nova Yorka vai a lavorare con il sobuei, che con cinque anni di duro lavoro ti sei comprato un paio di carri e fai l’aisman, l’uomo del ghiaccio: quelli, zappaterra e mastri di manicola, una ghiacciaia non l’hanno mai vista e non sanno che cos’è un’aisplant — la fabbrica del ghiaccio dove vai a prendere i blocchi da distribuire casa per casa.
E più provi a spiegare, con particolari e cunto di storie, più si sentono presi per il culo.
Rocco aveva abbassato il finestrino della macchina e si godeva l’odore della sua terra. Nel suo animo avvertiva sensazioni contrastanti. Pensava a Lisetta e ai suoi figli e provava vere fitte di dolore al petto. L’odore della zagara lo riconduceva alla terra, al tempo scandito dalle stagioni, alle generose fioriture degli aranci, ai frutti succosi e colorati.
Mimmo fece finta di non accorgersi di quelle lacrime che a tradimento scendevano sulle guance del suo passeggero.
Continuò a parlare del più e del meno.
Il sapore del caffè che Rocco aveva bevuto gli fece venire in mente i tavolini all’aperto nella piazza del suo paese, le chiacchiere tra i giovani la domenica, le ragazze che andavano a messa con il vestito buono.
Gli sembrò di aver vissuto tutto questo in un tempo lontano.
In un’altra vita.
L'affare del Danso e altri cunti
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